Camice bianco, mascherina sul viso, verdi guanti asettici. La luce fredda della lampada al neon si riflette sulle superfici lucide del metallo, un leggero lenzuolo cela quasi completamente la figura distesa sul lettino. Si muove appena, l'unico indizio di vita è un rantolo lento e prolungato. Il medico legale si avvicina, scopre un braccio pallido rigato di sottili venature bluastre, prende il polso tra le mani e lancia un'occhiata allo schermo. Un trattino verde e stanco si agita sullo sfondo scuro, quasi sul punto di adagiarsi sullo zero. Un sussulto, poi un altro. Un fischio acuto spezza il silenzio. Un sospiro scuote il petto del dottore, che poggia con delicatezza una mano sulle palpebre del cadavere. Guarda in alto, verso l'orologio a muro: "Il blog è morto. Ora del decesso...".
Dopo 14 anni dalla sua nascita il dibattito sulla morte dei blog, già avvenuta o imminente, ogni tanto si riprende e infuria... sui blog stessi, naturalmente. I distinguo si sprecano: muore il blog come concetto o solo come strumento? Se muore il blog, che fine fa il blogging? E i blogger? E io, da appassionato di cinema horror, aggiungo: "e anche se fosse, chi ha detto che tutto finisce con la morte?". Romero docet e così ho deciso di buttarmi anch'io in questo nebuloso mondo della blogosfera, forte della convinzione che pure la vita da zombie, eventualmente, non sarebbe poi troppo male.
Uno zombie avvistato a Trieste durante l'ultima edizione di Science+Fiction. |
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